Nel rinviare all’articolo CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA DEL 17-10-2023 N. 28824, La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha affermato un triplice principio di diritto in tema di un LEASING IMMOBILIARE per l’acquisto di un complesso alberghiero sottoscritto in data 07/11/2002, contratto risolto dalla banca BPM in data 13/10/2016.
Indeterminatezza contrattuale del tasso corrispettivo in generale (LEASING)
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha cassato con rinvio la sentenza di Corte d’appello Milano n. 2099/2020 depositata il 19/08/2020 che ha escluso che si applichi al contratto di LEASING IMMOBILIARE sottoscritto in data 07/11/2002 la normativa dell’art. 117 TUB che impone di indicare i criteri di calcolo dell’interesse.
Conseguentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha ribadito per il LEASING IMMOBILIARE il seguente principio di diritto: “In tema di LEASING IMMOBILIARE, la mancata indicazione, nel contratto, del “TASSO LEASING” non determina la violazione dell’art. 117, comma 4, T.U.B. ove lo stesso sia determinabile per relationem, con rinvio a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, senza alcun margine di incertezza né di discrezionalità in capo alla società di leasing, dovendosi individuare la ratio della norma nell’esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza, declinata in senso economico, essendo trasparente il contratto che lascia intuire o prevedere il livello di rischio o di spesa del contratto di durata (Cass. 28824/ 2023).”
Criteri di valutazione ai fini usura degli Interessi Moratori (LEASING)
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha cassato con rinvio la sentenza di Corte d’appello Milano n. 2099/2020 depositata il 19/08/2020 che il contratto di LEASING IMMOBILIARE sottoscritto in data 07/11/2002 ha ritenuto che l’aliquota del TSU per la valutazione degli interessi moratori fosse da aumentare della percentuale del 2,1%. Infatti, gli ermellini hanno sancito che “per il periodo antecedente il 25.3.2003, o meglio per i contratti antecedenti quella data, poiché i decreti ministeriali non hanno rilevato il tasso di mora, mediamente applicato, deve farsi riferimento al TEGM, mentre la maggiorazione del 2,1%, supposta dal giudice di merito, si applica solo ai contratti conclusi dall’1.4.2003, ossia dalla data successiva al primo dei decreti ministeriali che ha rilevato il tasso di mora mediamente applicato ed indicato la maggiorazione“.
Conseguentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha ribadito per il LEASING IMMOBILIARE il seguente principio di diritto: “La disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, della L. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest’ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti (Cass. sez. Un. 19597/2020).”
Disciplina applicabile nel Leasing
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha cassato con rinvio la sentenza di Corte d’appello Milano n. 2099/2020 depositata il 19/08/2020 che per il contratto di LEASING IMMOBILIARE, sottoscritto in data 07/11/2002 e risolto dalla banca BPM in data 13/10/2016, ha ritenuto NON violato l’articolo 1526 c.c. In particolare, si legge nelle motivazioni degli ermellini che “La ricorrente aveva prospettato ai giudici di merito l’illegittimità della pretesa della Banca di trattenere le rate già corrisposte e di ottenere il pagamento inoltre di quelle da corrispondere, nonostante ciò fosse, per certi versi, previsto da una clausola del contratto (art. 14 delle condizioni generali).La Corte di merito ha replicato che le parti hanno liberamente convenuto il pagamento delle rate scadute e che quella pattuizione è perfettamente lecita, rispondendo ad un interesse del concedente”.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024, ha stabilito per il contratto di LEASING IMMOBILIARE, sottoscritto in data 07/11/2002 e risolto dalla banca BPM in data 13/10/2016, che “Il leasing in questione è di tipo traslativo: la banca ha acquistato l’immobile, lo ha concesso in locazione (prezzo complessivo di oltre 10 milioni) con la possibilità del concessionario di riscattarlo ad un prezzo di 1.5000.000,00 Euro. Il prezzo di riscatto è nettamente inferiore al costo complessivo, e la stessa finalità del leasing è di finanziare l’acquisto dell’immobile. Ne deriva che, essendo il leasing risolto prima della entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, si applica in via analogica l’articolo 1526 c.c. (Cass. sez. Un . 2061 del 2021), con la conseguenza che il giudice deve valutare l’equilibrio delle posizioni in caso di inadempimento (Cass. 10249/2022).In sostanza, il giudice di merito ha errato nel ritenere prevalente la pattuizione contrattuale e comunque del tutto irrilevante la previsione legislativa, dovendosi invece fare applicazione del seguente principio di diritto: “Ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 124 del 2017, in assenza di una regolazione legislativa, si applica in via analogica la disciplina dell’art. 1526 c.c.; di conseguenza, la clausola che, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, attribuisce al concedente il diritto di trattenere i canoni pagati ed impone all’utilizzatore di corrispondere quelli scaduti non è, di per sé, affetta da nullità, atteso che l’utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto di vedersi restituiti i canoni versati corrispondendo l’equo compenso, fermo restando il potere officioso del giudice di ridurre l’indennità ai sensi del secondo comma dell’art. 1526 c.c. in caso di definitiva acquisizione al concedente delle rate corrisposte (Cass. 7367/2023).”